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La poliabortività

Quando si manifestano tre o più aborti spontanei consecutivi entro le 20 settimane di gravidanza si parla di poliabortività. Ecco le cause e gli esami da fare.

4 Luglio 2018

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Avere un aborto spontaneo quando si desidera tanto un bambino è un’esperienza tanto comune quanto traumatica: spesso ci si sente in colpa, per qualcosa che si è fatto, come una semplice passeggiata per lo shopping. In breve però tutto passa, magari quando – al tentativo successivo – la gravidanza va avanti normalmente.

Purtroppo però non sempre questo accade: si possono avere anche più aborti consecutivi e in tal caso si parla di poliabortività o aborti ricorrenti, specificatamente quando sono 3 o più.

Le cause per cui questo accade sono numerose e molto diverse tra loro. Con l’aiuto del ginecologo, analisi e test mirati è possibile individuarle ed eventualmente trattarle. Anche se l’ansia di non riuscire a portare a termine una gravidanza diventa travolgente, va sottolineato come nella maggior parte dei casi questo desiderio si può avverare.

I numeri della poliabortività

Le statistiche di solito creano confusione, ma in questo caso possono essere utili per far comprendere alle donne con poliabortività che non sono sole e che mettere al mondo un bambino è una possibilità concretanonostante tutto. Ecco quindi tutti i numeri più importanti al riguardo:

  • Il 60% delle donne con aborti ricorrenti porta a termine una successiva gravidanza;
  • 1 donna su 100 ha questo problema;
  • Nel 50% dei casi non si trova una causa specifica;
  • Il 70% delle gravidanze non giunge a termine;
  • Il 50-60% di queste si interrompe entro il 1° mese e il 15% ancor prima dell’impianto in utero, quindi passano del tutto inosservate (la donna non se rende neppure conto);
  • La frequenza di un aborto spontaneo è del 15-20% delle gravidanze clinicamente riconosciute (in cui cioè al ritardo mestruale si associa un test di gravidanza positivo);
  • Oltre il 60% è dovuto ad anomalie cromosomiche dell’embrione/feto, soprattutto a trisomie;
  • Il rischio di aborto spontaneo aumenta progressivamente col numero di gravidanze interrotte e con l’età della donna.

Quali sono le cause della poliabortività?

“Perché capita proprio a me? Cosa ho che non va?” Il pensiero ovviamente è sempre questo, ma la risposta è rassicurante: non è detto che ci sia qualcosa di sbagliato, ovvero qualche anomalia fisica, nella donna con aborti ricorrenti. Il più delle volte si tratta di comuni anomalie cromosomiche del feto e di quella che può essere considerata una “selezione naturale”: se l’embrione non è abbastanza sano, non riesce a sopravvivere.

Talvolta invece sono alcune condizioni di salute della donna, magari latenti, non ancora diagnosticate, a provocare la perdita precoce del bambino. Tra queste troviamo:

  • Sindrome da antifosfolipidi (APS), nota anche come “sindrome del sangue viscoso” o sindrome di Hughes: è una condizione autoimmune riscontrata nel 20 % degli aborti ricorrenti;
  • Trombofilia (disturbo di coagulazione del sangue): è simile alla APS, ma è ereditaria, cioè ci si nasce. In entrambi i casi il sangue tende a coagulare più del dovuto e ciò può provocare la perdita del bambino nelle prime settimane di gestazione;
  • Anomalie genetiche o cromosomiche;
  • Anomalie dell’utero o della cervice: una cervice debole, la presenza di fibromi o miomi, setti o aderenze possono impedire la necessaria distensione della cavità uterina;
  • Vaginosi batterica: anche se il ruolo delle infezioni vaginali è ancora controverso, i microrganismi chiamati in causa per l’aborto spontaneo sono soprattutto Ureaplasma, Micoplasma, Listeria, Clamydia, Toxoplasma e Citomegalovirus;
  • Alterazioni o disturbi ormonali: ad esempio la sindrome dell’ovaio policistico;
  • Disturbi del metabolismo: glicemia alta nei primi 21 giorni dal concepimento aumentano il rischio di aborto;
  • Disfunzioni tiroidee: raramente, ma anche queste possono essere correlate a poliabortività;
  • Stile di vita errato: fumo, consumo di alcol, eccessiva caffeina ed altre sostanze tossiche aumentano il rischio di aborto spontaneo. Anche basse concentrazioni di acido folico prima del concepimento possono indurre questo problema;
  • Età avanzata della mamma (e in percentuale minore anche quella del papà).

Nonostante tutte queste possibili cause, non sempre si scopre il motivo degli aborti ricorrenti, ma questo non preclude comunque la possibilità di una soluzione.

Poliabortività, quali esami e cure?

Se la donna ha avuto tre o più aborti consecutivi, il ginecologo può prescrivere i seguenti esami per individuarne le cause:

  • Analisi ricerca di anticorpi specifici per l’APS;
  • Altre analisi del sangue e/o genetiche;
  • Test di coppia per anomalie cromosomiche (cariotipo);
  • Ecografia pelvica e/o transvaginale per verificare l’anatomia dell’utero e della cervice;
  • Test dei tessuti fetali e/o della placenta (se si ha un aborto spontaneo in fase avanzata).

A seconda dei casi si possono identificare le cure più adeguate. In caso di positività all’APS, ad esempio, il medico potrà prescrivere farmaci fluidificanti come la cardioaspirina o l’eparina per trattare tale sindrome ed evitare l’aborto. Una consulenza genetica fornirà consigli utili circa la presenza di alterazioni genetiche in uno o ambedue i genitori, mentre la chirurgia potrà essere risolutiva in caso di anomalie all’utero.

Migliorare il proprio stile di vita ed assumere precocemente acido folico possono fare il resto della prevenzione, ma questo sempre, a prescindere dagli aborti spontanei ricorrenti. Per avere un bambino è sempre meglio prepararsi per tempo.

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